Il museo Bombicci dove si impara la scienza coi sassi nelle valigie

Sorgente: Emanuela Giampaoli, La Repubblica – Bologna (quotidiano), 9-12-2022

Arrivava in valigia sui banchi delle elementari. C’erano farfalle, fiori, uova di tutte le dimensioni e poi boccette con polverine colorate, erbari, fossili, conchiglie, minerali di ogni genere, amianto compreso. Da guardare, e soprattutto toccare, annusare.

Fu la prima volta, nelle scuole italiane e fu a Bologna. Oggi si chiamano laboratori, experience per dirla all’anglosassone, ed è un principio acquisito dalla didattica. Ma è nell’Ottocento che l’idea comincia a farsi strada, complice la nascita degli stati nazionali e il Positivismo. Fu allora che Luigi Bombicci, primo cattedratico di mineralogia sotto le Torri, inventò il suo Museo circolante. Tre grandi armadi, uno per il mondo vegetale, animale e minerale, ognuno con trenta cassetti-valigie per un totale di novanta argomenti diversi. Ciascun cassetto poteva essere preso in prestito da maestre e maestri bolognesi. Il museo si completava poi di tre manuali: copertina rossa per il regno animale, bianca per quello minerale, verde per quello vegetale, che guarda caso, affiancati formavano il tricolore, ma servivano a supportare i docenti nel loro compito…

Che si trattasse di un caso unico in Italia è attestato dalla Medaglia d’oro che la collezione ottenne all’Esposizione generale italiana di Torino del 1898 e nel 1900 all’Esposizione universale parigina. «Di lì a poco, anche Paravia e Vallardi – continua D’Ascenzo, coautrice del volume “Scuola, didattica e musei tra Otto e Novecento” (ed. Clueb) – all’epoca le più importanti case editrici di scolastica, crearono collezioni didattiche che probabilmente anche a Bombicci si ispirarono»…

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