Descrizione
In un momento di radicale mutamento degli stili di vita, è oggi più che mai necessario ricostruire il dibattito sulla letteratura folklorica che animò la cultura italiana nel secondo dopoguerra, soffermandosi sul significato della sua riscoperta dopo i processi di manipolazione degli usi e costumi popolari messi in atto in epoca fascista. Questo volume dà voce agli scrittori, studiosi e intellettuali che facevano capo alla casa editrice Einaudi. Attraverso una scelta delle lettere che essi si scambiarono tra gli anni Quaranta e Cinquanta, emerge il modo in cui personalità diverse come Cesare Pavese, Giuseppe Cocchiara, Italo Calvino e Ernesto De Martino si siano relazionate, influenzate, contrapposte. Le lettere, in larga misura inedite e trascritte dal Fondo Einaudi nell’Archivio di Stato di Torino, mostrano come negli anni di stesura delle Fiabe italiane di Calvino, e prima che Pasolini iniziasse una personale crociata contro l’omologazione culturale, in Italia si sia attivato un fertile dibattito circa l’opportunità di congelare per sempre un’identità popolare o, al contrario, modernizzare il folklore nel tentativo di sfuggire all’immagine, nostalgica e incomunicabile, di un’Italia premoderna e contadina, primordiale e folkloristica.
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