«Introduzione al cinismo» su Fata Morgana Web
Sorgente: Felice Cimatti, Fata Morgana WEB, 17-04-22 (online)
Per terra, tranquillo, assorto a leggere, comodamente appoggiato sugli scalini di quello che oggi (o forse ieri, prima del nuovo tempo disincarnato di Zoom e Skype), sarebbe stato il più straordinario convegno di filosofia di tutti i tempi. Nessuno sembra accorgersi della sua presenza, se non forse l’uomo alla sua destra di cui vediamo solo le spalle e la folta capigliatura e che sembra indicarlo con le mani aperte, come a dire “Ma l’avete visto questo?” (il cinico è un provocatore). L’uomo per terra è Diogene, detto il “cane”. Come infatti racconta Diogene Laerzio, «Alessandro, una volta, si mise in piedi di fronte a lui e gli disse: “Io sono Alessandro, il gran re”, “E io”, replicò, “Sono Diogene il cane”» (Diogene Laerzio 2005, p. 667). Dal cane viene il nome della scuola filosofica dei «kynikoi», “canini”, in quanto discendenti del primo Cane, come spiega bene il ricchissimo libro e pieno di spunti di Roberto Brigati (Introduzione al cinismo, CLUEB 2022, p. 13). Brigati, tuttavia, ci presenta quella cinica non propriamente come una scuola filosofica, con i suoi assiomi e i suoi teoremi, i suoi testi e le sue teorie, quanto piuttosto come un certo modo di vivere, uno stile particolare: «Non si pensa da cinici: si è cinici o non lo si è» (Brigati 2022, p. 56). In effetti quello cinico, come mostra chiaramente Raffaello ponendo Diogene al centro della scena, quasi ai piedi di Platone e Aristotele, è il gesto che destituisce il potere, sia quello della filosofia che quello del sovrano. In questo senso Diogene più che dire qualcosa, mostra il proprio stesso corpo come il più eloquente dei discorsi. Prendiamo, ad esempio, come Plutarco racconta un altro favoloso incontro fra Diogene e Alessandro Magno…