Descrizione
Nel XVII secolo la “anomalia olandese” si declina attraverso il violento conflitto interno tra la fazione dei così detti Regenten e quella dei seguaci dei principi di Orange.
Lo stadholderato, in continuo equilibrio dinamico tra dimensione magistratuale e ipotesi dinastica, costituisce il fulcro del dibattito e della lotta politica che per decenni dividono trasversalmente le Province Unite. Gruppi sociali, economici e politici si costituiscono e si disaggregano intorno ai due opposti centri di potere senza una prefinizione costante di ruoli e di obbiettivi.
Si può invece seguire secondo una filogenesi di medio periodo abbastanza riconoscibile la funzione di supporto della casa d’Orange svolta dalla maggioranza degli esponenti della Chiesa calvinista dalle cui fila proviene una gran parte dei docenti dell’Università di Leiden.
Dalla loro opera intellettuale il “partito orangista” finirà per trarre una elaborata e complessa teologia politica che abbraccia sempre più vaste tematiche, a partire da quelle teologiche sulle questioni che hanno contrassegnato i lavori della Sinodo di Dort.
I rapporti di parentela con il casato degli Stuart e, con essi, la guerra civile inglese, il governo di Cromwell, l’esilio di Carlo II diventano altrettanti “passaggi obbligati” che costringono teologi ed intellettuali orangisti a confrontarsi con tematiche solo in apparenza remote rispetto al panorama politico olandese, dall’origine della legittimità del potere regio alla definizione teoretica dello stato d’eccezione nel diritto pubblico.
Ne nasce un ulteriore arricchimento della dottrina pubblica di questa fazione che, tramite le imprese di Guglielmo III, allargherà i confini del pensiero politico anglo olandese ed esporterà tali istanze a tutta l’Europa.
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