Descrizione
Agli inizi degli anni ’20 del XVII secolo, la nobiltà romagnola, proverbiale per la sua faziosità e ferocia, dopo la spietata repressione contro il banditismo operata negli ultimi anni del secolo precedente, era ormai “pacificata” e si era trasformata in un ceto di “gentilhuomini ecclesiastici”. In quegli stessi anni, ed ancora per almeno un trentennio, la nobiltà bolognese, su cui una tradizione consolidatasi ex post ha proiettato una atemporale connotazione di bonomia e urbanità, era invece contraddistinta da una spiccata propensione alla violenza e alla vendetta, da una arrogante indocilità nei confronti di qualsiasi autorità, da una sanguinaria ostilità nei confronti dei ministri della giustizia criminale. Il comportamento della nobiltà bolognese si modificò gradualmente nel corso della seconda metà del ’600 in seguito all’inasprimento delle procedure di giustizia esercitato da una serie di legati particolarmente rigorosi, ma anche grazie all’azione educatrice esplicata dalla “scienza cavalleresca”. Agli inizi del ’700 quella bolognese era ormai una nobiltà “disciplinata”. Il libro segue le fasi di questo processo di addomesticamento della nobiltà aprendo squarci inediti sulla società bolognese della prima età moderna.
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