Descrizione
Dopo la fase dell’urbanizzazione aggressiva del dopoguerra, la cui onda lunga si estende fino al crinale degli anni Settanta, dopo la transizione demografica, alla fine del Novecento si rende percepibile una nuova citta’, esito di trasformazioni lente, molecolari, pervasive, tuttora in corso: La citta’ che perde abitanti non ha smesso per questo di crescere, di pari passo con i cambiamenti della societa’ che abita. Questa societa’ ha costruito direttamente, nel tempo, un nuovo spazio, disegnando sul territorio un paesaggio ibrido, non ancora citta’ e non semplicemente “suburbio”, non metropoli in senso classico ma non solo “campagna industrializzata”: terra instancabilmente percorsa da chiunque in ogni direzione, dove tuttavia sono ben riconoscibili i confini che segnano differenze e diseguaglianze, citta’ della ricchezza e della paura, incroci pericolosi e occasioni fortuite di piacere. Paesaggio volubile e sfuggente, vera e propria sfida agli strumenti classici della ‘pianificazione’, l’area bolognese degli ultimi trent’anni e’ indagata nel saggio di Fausto Anderlini in profondita’ , messa a confronto con le altre regioni metropolitane italiane e le loro analoghe trasformazioni di lungo periodo, e ricollocata nel sistema di gerarchie della rete urbana regionale. L’analisi, che ricostruisce nel dettaglio l’anatomia della “citta’ vasta” e la fisiologia dei processi che ne hanno favorito la costruzione, restituisce un patrimonio di conoscenze che hanno contribuito non marginalmente all’eleborazione del nuovo Piano territoriale di coordinemento della Provincia di Bologna.
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