Descrizione
Tra Otto e Novecento i maestri elementari hanno lentamente sviluppato un’identità professionale sempre più matura e consapevole, superando la logica del mestiere ripetitivo e quella dell’arte educativa legata ad una ‘passione’ spontanea. Con lo sviluppo dei processi di scolarizzazione e la costruzione del sistema scolastico nazionale, è emersa la figura di un maestro elementare motivato e partecipe, aggiornato nella pubblicistica pedagogica e scolastica, meno isolato ed anzi organizzatore dell’associazionismo di categoria, non sempre favorevole ad un’accettazione supina di programmi e direttive dall’alto.
Il volume presenta uno ‘studio di caso’ per cogliere i dispositivi attuati dagli insegnanti di fronte ai continui cambiamenti politici e istituzionali della scuola elementare in anni caratterizzati dalla crisi dell’età liberale e dalla Riforma Gentile: come si sono rapportati i maestri e le maestre elementari di fronte alle novità pedagogiche e didattiche sbandierate ‘dall’alto’ della pedagogia ufficiale? Davvero la scuola militante, quella ‘dal basso’, ha accolto entusiasticamente la ‘pedagogia di apostoli ed operai’ del Lombardo Radice? Quanto ha eventualmente inciso la persistenza di modelli pedagogici e didattici precedenti? Quale presenza ha avuto la fascistizzazione della scuola nelle pieghe della vita quotidiana delle classi e della didattica disciplinare? Quale ruolo hanno svolto i docenti al riguardo?
Si delinea così una vicenda formativa particolare che illumina, sullo sfondo dei dibattiti sulle singole discipline e sulle prassi didattiche consolidate nella scuola, la costruzione di una professionalità docente e direttiva conquistata attraverso uno studio ‘matto e disperatissimo’ e ‘sul campo’, nell’intreccio tra teoria e pratica, capace di produrre attivamente una propria cultura, quella scolastica, troppo a lungo considerata di serie B e che invece appartiene pienamente alla storia culturale dell’intera Nazione.
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