Descrizione
Questo libro avrebbe potuto essere un romanzo in cui due soggetti, il Ministero della giustizia e un Ufficio del giudice di pace, vogliono sfruttare l’informatica per offrire un servizio migliore ai cittadini. Quando la strategia del Ministero, nella sua apparente razionalità tecno-giuridica, non produce risultati e l’Ufficio si attiva per sviluppare sistemi alternativi, nascono tensioni e scontri combattuti a colpi di e-mail e telefonate burrascose, riunioni (non) risolutive, interpretazioni normative divergenti, amnesie sospette. Non mancano labirinti di firewall e connessioni tagliate senza preavviso, alleanze e giochi di potere, sorprese e persino un epilogo inatteso. La storia è invece il resoconto di prolungate osservazioni sul campo svolte nell’ambito di una ricerca durata sei anni. Oltre a narrare giochi di potere, il volume analizza le dinamiche di sviluppo di un’infrastruttura dell’informazione, le tensioni che emergono tra norma e tecnologia e il ruolo della base installata nei processi d’innovazione. Sulla base di questa analisi, il lavoro permette di capire cosa stiano diventando gli uffici giudiziari: assemblaggi di elementi eterogenei (giuridici, tecnologici ed organizzativi), caratterizzati da tensioni tra forme di governo (burocrazia e mercato) e tra diritti contrapposti (privacy e accesso). Infine, il libro vuole essere un tributo a quei funzionari che, nonostante tutto, operano dall’interno del sistema per migliorarlo.
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