Descrizione
“Gli oggetti sono manufatti culturali, costruiti in una data forma dalla società che ne fa uso. Modificano il mondo e noi lo scopriamo e ridefiniamo costantemente attraverso di essi … Le macchine agiscono sul mondo modificandolo più ancora della maggior parte degli oggetti, e ricreano continuamente un mondo nuovo, solo in parte basato sui rapporti sociali di quello vecchio. Le macchine occupano un posto chiave nella società industriale, nel punto di intersezione delle interazioni tra gruppi e tra individui, e pertanto rappresentano i manufatti culturali più rivelatori. Le macchine sono la cultura materiale della politica, se per politica intendiamo l’interazione tra gruppi di persone.”
Questa, la filosofia dei saggi qui raccolti, scritti da studiosi, conservatori e operatori museali che lavorano su e con gli oggetti, partendo da discipline diverse al fine di connettere la cultura materiale con la storia dell’arte e della tecnologia, con l’archeologia, l’antropologia, la geografia umana, gli studi sul folklore e altri campi ancora che si avvalgono di testimonianze materiali. Come scrive uno degli autori, l’interpretazione degli oggetti, come la comprensione di una lingua, è un processo e non una rivelazione: occorrono tempo e un lungo lavoro, nel quale è di grandissima importanza la partecipazione multidisciplinare ma, soprattutto, l’ “apprendistato oggettuale”, ossia l’incontro personale con l’oggetto. In questo contesto assumono una connotazione nuova anche le problematiche di museologia e museografia sia quelle tradizionali sia quelle legate all’avvento delle nuove teconologie informatiche e multimediali: come diventa ‘leggibile’ l’oggetto esposto al museo? Qual è il rapporto tra visibile e invisibile nell’oggetto? Quale è la relazione tra documento scritto e documento tridimensionale nella ricerca? Se vogliamo dare consistenza al museo in quanto istituzione capace di trasmettere conoscenza, in quanto argine potenziale alla deriva della civiltà verso funzioni restaurative e compensatorie, esso dovrà cercare i modi per connettere tra loro impressioni sensoriali e forme razionali di elaborazione, per cancellare la parcellizzazione della realtà in ambiti tra loro apparentemente separati e promuovere la riflessione in termini di percezione storica. In tal senso, questo libro si pone a fondamento di una nuova prospettiva per gli studi museologici sulla cultura materiale.
Sommario:
Ringraziamenti.* Fredi Drugman – Imparare dalle cose.* Tomas Maldonado – Musei e opere alla scoperta del futuro.* Raimonda Riccini – Le cose che si fanno intelligenti.* Jacques Maquet – Oggetti: strumenti e segni.* Robert B. Gordon – L’interpretazione dei manufatti nella storia della tecnologia.* Steven Lubar – Politica delle macchine. Lettura politica dei manufatti tecnologici.* W. David Kingery – I sistemi tecnologici e alcune implicazioni riguardanti continuità e cambiamento.* Jules D. Prown – Cultura/Materiale. “Agricoltori” e “allevatori” possono continuare a essere amici?* Joseph J.Corn – Imparare dalle cose è un mito? Storia della tecnologia e pratica degli oggetti.* Ursula Winter – La cultura industriale: i problemi di estetica nei musei della tecnica e dell’industria.* Susan Sellers – Spose meccaniche.* Howard P. Segal – I musei tecnologici: prospettiva di un docente.* Andrea Silvestri – Le collezioni storiche del Dipartimento di Elettrotecnica: morte e trasfigurazione.Gli autori, le autriciFonti
Da: MUSEI E OPERE ALLA SCOPERTA DEL FUTURO di Tomas Maldonado
Per molte ragioni, in Italia si è (quasi) sempre dato priorità alla riflessione sui musei d’arte. Tale atteggiamento però non deve portarci a misconoscere l’importanza di altre tipologie museografiche chiamate a svolgere un ruolo di primo piano nell’opera di modernizzazione complessiva del paese. E mi riferisco in particolare a quei musei che possono contribuire alla formazione di una cultura scientifica di massa. In un momento come l’attuale, in cui tutti i cittadini sono costretti a misurarsi, ogni giorno, con problemi di altissima complessità e rischio, la possibilità di accedere a una corretta divulgazione del sapere può essere decisiva. Si pensi solo alla questione ambientale, nella quale molto spesso l’ignoranza dei fatti ci porta a sopravvalutare la loro gravità. In un convegno di qualche anno fa, “Musei e opere: la scoperta del futuro”, si era ipotizzato di intendere il museo come mezzo per scoprire – e conoscere – il futuro. L’ho trovata una proposta molto stimolante. Una sfida, in quanto ci obbliga a pensare il museo non nei termini retrospettivi di sempre ma al contrario prospettivi, non soltanto guardando al passato ma anche al futuro. Il che, tutto sommato, significa pensarlo in funzione del presente. Il futuro è ormai tra noi, e già possiamo intravedere ciò che nel bene e nel male ci aspetta. E il museo, se concepito in modo innovativo, può essere di grande aiuto. Ci può infatti fornire un anello di congiunzione tra il passato e un presente che è già futuro. Eppure non va trascurato un aspetto, per certi versi inquietante, del problema che qui ci occupa. Alludo a un diffuso atteggiamento sul modo di intendere il passato per dirla come Borges, è un sogno e, in certa misura,anche le opere del passato sono sogni, nostri sogni. E talvolta addirittura nostri incubi. Certo, si tratta solo di una metafora letteraria. Ma c’è qualche cosa di vero in questa metafora. Perché tra gli uomini di museo, meno tra gli storici di mestiere, vi è la tendenza a ipostatizzare il passato, ad attribuirgli un valore assoluto senza voler ammettere quanto c’e’ di loro stessi, si noi tutti, nelle opere che si mettono in mostra…
Da: OGGETTI: STRUMENTI E SEGNI di Jacques Maquet
A seconda che si sguardi agli oggetti come strumenti o, piuttosto, come segni, occorre adottare due prospettive del tutto diverse. nel primo caso, l’osservatore esamina l’oggetto e ne trae le opportune inferenze a partire dai caratteri costitutivi nonché dalla collocazione nel contesto sociale e materiale. Nel secondo, invece, si considerano i significati attribuiti all’oggetto. Sebbene fabbricati in una data società – e pertanto secondo i modelli culturali compresi in quanto strumenti indipendentemente dalle determinazioni culturali. Un manufatto composto di una lama affilata e di un manico, ossia un coltello, e’ uno strumento da taglio in qualsiasi cultura: i suo uso può essere dedotto dalla foggia e dai materiali di cui è fatto. Un veicolo dotato di quattro ruote e di un motore a combustione interna, ossia un’automobile, rappresenta in qualsiasi società contemporanea, quale che ne sia la cultura, un mezzo di trasporto via terra. D’altra parte, il significato di un oggetto – ovvero ciò che esso rappresenta – pertiene alla sfera culturale, qualora l’oggetto sia riconosciuto parte di una realtà collettiva costituita da un gruppo di persone. Nella maggioranza dei casi, tuttavia, il significato non è specifico di una sola cultura, poiché è radicato nella comune esperienza umana. Supponiamo che, in una data società, i coltelli siano armi che soltanto i cacciatori hanno diritto di possedere: in tal caso il coltello potrebbe diventare un segno che rappresenta la caccia, attività tenuta in grande considerazione. Dal momento che designare un’attività per mezzo di un utensile caratteristico e’ cosa piuttosto comune, anche un estraneo sarebbe pobabilmente in grado di dedurre il significato del coltello. In un’altra società, il coltello potrebbe essere riconosciuto quale simbolo di virilità, a causa della forma fallica. Ma anche in tal caso il simbolismo culturale ha radici nella comune esperienza umana. In molti paesi del terzo mondo, viaggiare in automobile equivale ad appartenere alla minoranza privilegiata dei funzionari statali; nelle ricche società postindustriali alcuni modelli e marche di automobili sono indicatori di prestigio sociale (e, nello stesso tempo lo conferiscono): tali significati si formano per associazione. L’automobile, inoltre, per dimensioni e sistema di autopropulsione rappresenta il potere della tecnologia: in questo caso, si tratta di un significato simbolico. Gli unici significati che appartengono specificamente a una determinata cultura, e che pertanto richiedono di essere decodificati, sono i referenti. Come accade per le parole di una lingua, il rapporto tra i referenti e i loro significati è arbitrario e si fonda solo su una conversione, un accordo esplicito o implicito tra quanti parlano quella lingua (Marquet, 1986, pp. 93-96). Leggendo gli oggetti, la consapevolezza della distinzione tra oggetti come strumenti e oggetti come segni è importante per acquisirne una conoscenza critica, ovvero il massimo valore cognitivo ottenibile in una data situazione. Cercherò di dimostrare l’utilità di tale distinzione avvalendomi di alcuni esempi …
Recensioni
Ancora non ci sono recensioni.