Descrizione
Definite dallo stesso Luigi Luciano Bonaparte, nel 1867, “vere rarità bibliografiche”, le traduzioni del Vangelo di Matteo nei dialetti italiani, di cui viene ora proposta la ristampa, occupano una posizione di notevole valore in quella fase della linguistica del nostro Paese troppo a lungo e sbrigativamente giudicata pre-scientifica e dilettantesca. Il merito della collezione bonapartiana risiede nell’aver raccolto una rilevante documentazione della situazione dialettale intorno alla metà del secolo scorso, purtroppo fino ad oggi tenuta in scarsissimo conto dagli studiosi, anche rispetto ad imprese consimili dello stesso periodo. Dalla ricerca archivistica e dall’analisi della corrispondenza intercorsa tra il principe e i suoi collaboratori per determinare i criteri da seguire nelle versioni dialettali, emergono convinzioni scientifiche ormai mature, in particolare uno schema classificatorio delle parlate italiane teoricamente ben impostato e in larga misura consimile a quello proposto da Graziadio Isaia Ascoli qualche anno dopo e l’attribuzione al sardo dello status di sistema linguistico autonomo, che supera la posizione ascoliana e anticipa di un quarantennio il riconoscimento di Wilhelm Meyer-Lübke. In una fase, quella attuale, molto favorevole al recupero delle tradizioni culturali e linguistiche del nostro passato, la raccolta, basata sul più esteso e, insieme, il più terreno e legato alla realtà umana di Cristo fra i quattro Vangeli, costituisce un’affermazione della piena dignità sociale delle parlate locali e una riprova del loro spessore storico, offrendosi alla lettura e alla fruizione di un pubblico vasto ed eterogeneo, non limitato dunque ai soli “specialisti”. Nella scuola, oggi sempre più attenta alle capacità linguistiche di partenza dei propri allievi, il corpus dialettale fornito dalle ristampe può essere utilizzato dagli insegnanti per avviare analisi specifiche, di raffronto con le condizioni attuali del dialetto, e comparazioni con le strutture della lingua italiana.
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