Descrizione
Parlare di Velo in arte, significa porre l’accento sull’illusione di realta’ su cui l’arte si fonda, e percio’ su una lettura del mondo che resta, per sua natura, paradigmatica e traslata. In ambito figurativo il quadro – o la fotografia o il fotogramma filmico – continua a fungere da superficie magica attraverso cui passano, secondo la definizione di Gombrich, “i misteriosi fantasmi della realta’”; a sua volta il testo letterario, da Barthes in poi, puo’ leggersi come un tessuto, una tela di ragno, un velo dunque, dietro cui e’ deposto un ideale e imprendibile senso ultimo, cui sempre tendiamo senza raggiungerlo. Coincidendo con l’arte tutta come mimesi, il Velo non ha mai cessato di esercitare sull’immaginario di civilta’ diverse per epoca, cultura e religione, una suggestione suprema e un potentissimo richiamo – a tal punto vitale che la parola/figura del Velo puo’ ben dirsi tra le piu’ ricorrenti nel corredo concettuale d’ogni tempo. Nella modernita’ essa diviene depositaria metaforica del ‘mistero’ dell’arte; nell’arcaico essa spesso confluisce nella duplice dimensione del femminile e della religiosita’, intevenendo con una funzione insostituibile nel mistero iniziatico. La ricchezza di accezioni assunte dalla parola Velo ci ha persuaso che un’indagine su tale termine avrebbe consentito di individuare ancune fasi entro cui il Velo, modificandosi, afferma la sua natura multiforme. E’ questo il progetto all’origine del convegno bolognese intitolato “Il Velo dissolto. Visione e occultamento nella cultura francese e francofona”, di cui il presente volume raccoglie i contributi.
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