Descrizione
Dagli anni Venti del Settecento è avvertibile una svolta abbastanza netta sia nella società bolognese – dove la distribuzione della ricchezza tende a farsi sempre più sbilanciata – sia nei rapporti politici fra pontefice e Senato, non più condizionati, come nei due secoli precedenti, dalla tenace difesa delle autonomie cittadine. Parte di questo mutamento fu l’abbandono di un atteggiamento sistematicamente conflittuale in materia di giustizia da parte del Senato, determinato dalla tendenza alla “burocratizzazione” dei rapporti fra Bologna e Roma, già evidente durante i pontificati di Innocenzo XI e Innocenzo XII, che si consolidò definitivamente durante quello di Clemente XI. Anche la nobiltà di Bologna modificò i propri comportamenti e alla metà del ‘700 era ormai un gruppo sociale contraddistinto da quei tratti di bonomia e cordialità che ancora fanno parte dello stereotipo del bolognese, abbandonando la violenza e la vendicatività sanguinaria che l’avevano invece caratterizzata fino ai primi anni del secolo.
Fu questo solo un aspetto di una complessiva trasformazione culturale, nel senso più ampio del termine, che è ancora in parte da indagare. L’allarme destato nella minoranza dei benestanti da una microcriminalità sempre più diffusa ed aggressiva, legata alla piaga del pauperismo conseguente alla crisi economica ed occupazionale (già evidente negli ultimi anni del XVII secolo e aggravata dagli eventi bellici dei primi anni del XVIII) rese cruciale la revisione delle tipologie dei reati più diffusi e della loro sanzione da parte del tribunale criminale del Torrone. Nel corso del Settecento, la sua attività fu regolata dalle Constituzioni di Benedetto XIX, che riformarono le procedure, mirando ad eliminare gli abusi nell’amministrazione della giustizia e a garantire la difesa dei rei. Altrettanto importante fu il Bando generale del legato Fabrizio Serbelloni, che adeguò le pene ai reati, seguendo in parte le suggestioni della cultura contemporanea. Furono così sempre più limitate, rispetto al secolo precedente, la tortura e l’esecuzione delle pene capitali. Ad allontanare la tentazione di interpretare questi orientamenti solo come espressione di una giustizia meno feroce stanno però centinaia di storie di ladruncoli recidivi, condannati alla galera per lunghi anni o anche a vita.
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