Descrizione
La vittima va posta al centro dell’attenzione degli studiosi, degli operatori ed anche dell’opinione pubblica, cosicché essa possa venir presa in considerazione come attore sociale che ha influito e influisce sulla realtà politica e sulla collettività, alimentando il senso di solidarietà anche contro la violenza e il terrorismo e generando la consapevolezza della necessità di tutelare le istituzioni democratiche. In questa prospettiva si accentua la difficoltà nell’individuazione di una definizione, valida dal punto di vista sociologico e storico, dal terrorismo che ha condotto ad una molteplicità di spiegazioni le quali, pur differendo in modo significativo l’una dall’altra nei contenuti, illustrano aspetti diversi dello stesso fenomeno, anche se trascurano il significato ed il valore delle vittime. Perciò il terrorismo è stato da più parti definito come attacco diretto alla democrazia, espressione violenta di una minoranza che vuole imporre la propria volontà alla maggioranza, ma mai si è fatto riferimento al terrorismo come aggressione a vittime innocenti in nome della giustizia. Per perseguire questo disegno, si è imposta una duplice strategia: da una parte, infatti, il terrorismo si è manifestato come vero e proprio progetto politico volto a destabilizzare il regime democratico, cercando di forzare ed orientare le scelte politiche e di governo attraverso ingerenze dirette ed alleanze strategiche; dall’altra, esso ha fatto ricorso agli attentati, alle stragi, alla guerriglia per generare nell’opinione pubblica paura, sgomento, timore. Da qui un senso di sfiducia e distacco dallo Stato stesso, ritenuto colpevole di non saper proteggere i propri cittadini. Lo “stragismo”, ovvero l’utilizzo della strage quale strumento per la realizzazione di un preciso disegno politico, ha conosciuto nel nostro Paese una fase “acuta” nel periodo compreso tra la fine degli anni ’60 e la metà degli anni ’80…
(Dall’Introduzione di Augusto Balloni)
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