Descrizione
Occuparsi di modi di dire e di nessi che attarverso l’uso sono divenuti elementi fissi nella lingua puo’ apparire un chinarsi sulle convenzioni. Ma quanto e’ andato generalizzandosi lo ha fatto perche’ era vissuto da ampie fasce della popolazione, e la sua analisi tende ad aprire ampi squarci su certi sistemi di valori sociali e su esperienze che hanno inciso profondamente nelle comunita’. A momenti affiorano tracce delle letture che una specifica societa’ ha progressivamente sancito su aspetti del vivere comunitario. Si tratta della prima proposta di metodo sulle locuzioni italiane, e l’attenzione e’ rivolta soprattutto alle componenti semantiche del discorso. Certi usi discorsivi correnti appaiono proiettati in prospettive inedite, enucleando fatti inattesi legati alla minuta storia antropologica. La storia dei motti come ‘bellezza dell’asino’, ‘le gambe fanno giacomo giacomo’, ‘far lazzi’, ‘far fiasco’ e’ sovente una storia di “ribelli”: ribelli alla tradizionale prospettiva toscanocentrica e allo spento, meccanico applicare solo le leggi fonetiche; ‘dar la guazza’, ‘far cilecca’, essere un manigoldo’, ‘fare alla romana’ sono un germinare di creativita’ lessicale in chiave centrifuga che mostrano numerosi apporti regionali alla tavolozza di cui si servono tuttora gli italiani e le italiane. Particolare attenzione, in un capitolo finale, e’ dedicata all’idiomatica sulle donne, al femminismo, all’ideologema usato quale commento nell’attuale discorso mediatico.
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