Descrizione
Per la necessaria ridefinizione dell’opera teatrale di Giulio Cesare Croce (nato a S.Giovanni in Persiceto e morto a Bologna nel 1609) si dovrà tener conto, oltre che di parecchie opere drammatiche mai ristampate dopo il Seicento, anche di alcuni importanti manoscritti di commedie finora inedite e delle quali con Il tesoro e Sandrone astuto si inizia qui la pubblicazione. L’importanza dei due testi è dovuta all’innegabile validità del gioco teatrale, fino ad ora verificate solo nella Farinella (l’unica commedia del Croce conosciuta dal pubblico perché ristampata in anni recenti), ma anche al fatto che il Croce ha fornito con queste opere preziosa testimonianza di un dialetto nelle sue condizioni antiche e ha nel contempo documentato un italiano fortemente caratterizzato in senso locale, dando inizio al teatro dialettale bolognese. Mignon e Sandrone parlano la lingua dei villani – villani, si badi, e non servi – non soltanto come esteriore espediente scenografico, ma anche per rappresentare una realtà psicologica diversa, per esprimere l’appartenenza a una particolare dimensione sociale, a cavallo tra ‘500 e ‘600. Villano sciocco l’uno (Mignon), villano astuto l’altro, si muovono con qualche autorità ed estraneità fra le vicende dei loro padroni, di cui pure condividono le beghe, sullo sfondo di una Bologna benestante attiva e saggia, ma anche – o forse proprio per questo – piena di contraddizioni e violenza.
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