Descrizione
SOMMARIO:
Cucine in rete
MASSIMO MONTANARI – Come
nasce un mito gastronomico. Bologna fra localismo e internazionalismo
ELIDE CASALI – Cucina e territorio. Pratiche di coltivazione e tradizioni culinarie
nella letteratura gronomica bolognese
SIMONETTA NICOLINI e ALESSANDRA RIZZI – Per la sazieta’ dell’occhio. Uno sguardo sulla tradizione iconografica
in area emiliana
PIERO MELDINI – Tra cucina e universita’. Olindo Guerrini bibliotecario e gastronomo.
ALBERTO CAPATTI – Prima e dopo Artusi. Bologna nella letteratura gastrononica italiana
Bologna e’ “grassa” per antonomiasia da
quando all’inizio del XIII secolo in ambienti universitari francesi si
associa tale riconoscimento a quello di “dotta” per la fama del suo
studio: grassa perche’ generosa nell’accoglienza, cordiale e rispettosa
delle esigenze diverse di chi vi si ferma per poco come viaggiatore o a
lungo come studente. La definizione di questa doppia identita’, che ha
resistito per secoli, e’ qui sottoposta ad una analisi critica che
restituisce valore ai valori, e libera il mito dalle incrostazioni degli
stereotipi. La relazione fra cibo e cultura e’ biunivoca e implica una
solida concezione dell’idea di mercato in tutte le sue accezioni: come
territorio reale di conferimento di merci, come luogo ideale di scambio di
beni immateriali (abitudini, comportamenti, abilita’, esperienze) e oggi
come confluenza virtuale di rete informatica. Nei saggi qui raccolti si
parla di cultura, di storia, di arte e di cucina: quella medievale e
rinascimentale, aristocratica e contadina; quella secentesca, padronale e
rustica di un Tanara; quella borghese e prescrittiva di un Artusi; quella
erudita e sottilmente ironica di Olindo Guerrini.
Introduzione di Massimo Montanari:
Di “Bologna grassa”, della sua tradizione
gastronomica e del suo mito inossidabile si e’ scritto tantissimo, con
oscillazioni ad ampio spettro fra la ricerca d’archivio e il luogo comune,
l’indagine sul campo e la leggenda d’occasione. L’autocompiacimento e il
campanilismo hanno giocato un ruolo importante in queste ricostruzioni, che
solitamente hanno affrontato il tema in termini di merito ossia dimostrando,
o piuttosto postulando, l’eccellenza della cucina locale: Questo libro,
frutto di un convegno tenutosi alcuni anni fa (ottobre 2000) all’Universita’
di Bologna, vuole suggerire un’idea nuova e del tutto diversa: che
l’immagine di Bologna capitale gastronomica, affermatasi nei secoli come
elemento costitutivo dell’identita’ cittadina, si fonda non tanto sulla
qualita’ intrinseca della cucina “locale” quanto sulla sua capacita’ di
“mettersi in rete”, ossia di integrare questa identita’ con un complesso
sistema di relazioni materiali e intellettuali, alimentato dalla dimensione
internazionale che fin dal Medioevo caratterizzo’ la vita della citta’
grazie alla presenza dello Studio – la piu’ antica UIniversita’ europea. Il
caso di Bologna, lungi dal chiudersi in se stesso, diviene in tal modo
paradigmatico di una piu’ ampia riflessione: le identita’ culturali sono
tanto piu’ forti e radicate quanto piu’ sono aperte all’esterno e quanto
piu’ si inseriscono in circuiti di scambio, di incrocio e di contaminazione.
Cio’, si badi, non esclude affatto che alla base del mito bolognese vi siano
corpose motivazioni legate alla cucina e ai prodotti del suo territorio, i
saggi raccolti nel volume lo mostrano, con riferimento alla documentazione
scritta e iconografica, alla tradizione agronomica, alla letteratura e alla
trattatistica locale. Ma mentre proprio si cercano le specificita’ di questa
cultura, i tratti distintivi che consentano di giustificare l’eccellenza
della cucina bolognese e l’immagine che essa si e’ conquistata nel mondo
(“quando sentite parlare della cucina bolognese”, scriveva Pellegrino
Artusi, “fate una riverenza, che’ se la merita”), proprio allora ci si
accorge che quella immagine non esisterebbe senza un contesto come quello
dell’Universita’, senza una cultura dell’accoglienza e dello scambio che
rappresenta, questa si’ in modo forte e riuconoscibile, il nodo centrale
dell’identita’ cittadina. (Massimo Montanari)
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