Descrizione
“Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale”, scrive Montale in Ossi di seppia, “siccome i ciottoli che tu volvi,/mangiati dalla salsedine;/scheggia fuori del tempo, testimone/di una volontà fredda che non passa./Altro fui: uomo intento che riguarda/in sé, in altrui, il bollore della vita fugace…”. Questi versi suggestivi offrono una prima chiave di lettura per accostarsi alla sintesi morandiana fra un’armonia apparentemente lontana dagli eventi della storia artistico-culturale, e una filtrata, ma calda osmosi con essi, che ne fanno una delle testimonianze più alte dell’arte novecentesca. Come Cézanne cerca l’unione suprema dei valori visivi e di quelli mentali, così Morandi vuole compendiare la “volontà fredda”, cioè il senso di una razionalità formale armonica e tagliente, con il “bollore della vita fugace”, vale a dire l’emozione di una matericità che talora vorrebbe sommergerla, pur facendo prevalere via via l’uno o l’altro termine nelle varie fasi del suo percorso. Così, nei primi anni ha il sopravvento la componente eidetica o mentale, in sintonia con le poetiche del primo Novecento; il periodo metafisico segna a sua volta il raggiungimento pieno della forma, tersa e astrale; ma gli anni Venti gettano l’oggetto giù dal piedistallo, facendolo scendere un po’ alla volta dalla classicità formale di “Valori Plastici” all’anticlassicità dei cosiddetti “valori primari”; nel decennio successivo si registra la maggiore adesione alla materia, che sottopone le opere ad un leggero, continuo sisma; gli anni Quaranta e Cinquanta cercano la sintesi formale, portano al massimo i valori tonali e introducono la strategia seriale, che accorpa gli oggetti in famiglie e trasforma il tavolo morandiano in una scacchiera dalle infinite combinazioni; la volontà di riduzione giunge al culmine negli ultimi anni, dove assumono un ruolo fondamentale acquerelli e disegni, cui spetta il compito di costruire dissolvendo, di cucire senza ordire, in un universo segnico di intensa vibrazione.
Questo libro segue l’opera di Giorgio Morandi (Bologna, 1890-1964) passo per passo, interpretandone i frutti nel contesto storico-culturale in cui prendono vita, con continui raffronti alla situazione artistica italiana e internazionale: vengono analizzati i rapporti con l’avanguardia d’inizio secolo e con la pittura locale, le analogie e le differenze rispetto alle metafisiche di de Chirico e di Carrà, le relazioni con le poetiche di Novecento, del Realismo magico e dell’Astrattismo, i rimandi alla cultura antinovecentista degli anni Trenta, le corrispondenze a distanza con l’informale, in una tensione che miscela in profondità oggetto e processo, gli incontri sotterranei e impercettibili con la tensione concettuale e il rigore minimalista. Il pensiero pittorico morandiano rivela così, pur nell’apparente stasi, una continua capacità innovativa e una ricca, profonda inquietudine, che lo collocano nel cuore più vivo e segreto della ricerca contemporanea.
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