Descrizione
Elio Vittorini editore 1926-1943 ricostruisce l’attività di editor, attraverso l’intersecarsi delle diverse attività svolte dallo scrittore siciliano: narrativa, critica, pubblicistica, editoriale. Partendo dagli anni del primo apprendistato, segnato dall’influenza malapartiana e dai primi esperimenti narrativi, editoriali e critici (con particolare riguardo per l’importante scritto teorico Scarico di coscienza e per l’antologia Scrittori nuovi), la ricerca si focalizza negli anni compresi tra il 1930 e il 1943: la lunga stagione di «Solaria» e de «Il Bargello», di Mondadori, di Bompiani e del “Mito americano”, durante la quale la riflessione vittoriniana ruota intorno ai rapporti tra critica, ideologia e pratiche letterarie. L’autore ricostruisce: le vicissitudini editoriali di Viaggio in Sardegna e del Garofano rosso; l’impegno nel campo dell’organizzazione culturale; l’attività di lettore, di consulente e di traduttore per Mondadori e Bompiani assieme all’analisi del rapporto dello scrittore con la letteratura americana. Particolare attenzione viene dedicata alle innovative collane «Pantheon» e «Corona» ideate da Vittorini per Bompiani, svelando le spregiudicate politiche adottate nell’editing, soprattutto per due importanti casi editoriali: la pubblicazione dell’opera di Michele Amari I Musulmani di Sicilia e l’antologia Americana, osteggiata dalla censura fascista.
Stefania Centorbi –
FLAVIO COGO, Elio Vittorini editore 1926-1943, Archetipo libri, Bologna 2012
Il volume di Flavio Cogo, mette a fuoco con notevole ricchezza di particolari, la figura di Vittorini nelle sue molteplici attività di editore, pubblicista, traduttore e critico letterario. Il profilo di Vittorini che emerge dall’indagine condotta è emblematico per l’evoluzione della figura del letterato e in particolare del letterato editore tra gli anni Trenta e Quaranta. Il letterato e l’intellettuale, sottolinea infatti Cogo, «non s’accontentano più del ruolo subordinato alla produzione culturale, non vogliono più mediare la realtà, vogliono crearla con la propria azione».
Il volume si divide in quattro capitoli che scandiscono l’evolversi dell’attività dello scrittore fin dalle prime esperienze giovanili. Difatti, il primo capitolo si sofferma sui primi passi mossi dal giovane scrittore in ambito editoriale e nell’habitus del critico letterario. Come molti giovani intellettuali, Vittorini cedette alle seduzioni del fascismo “puro” e “rivoluzionario” di Malaparte, nonché del movimento di Strapaese. Grazie a Malaparte non solo l’autore intraprese la carriera di pubblicista, ma strinse anche amicizia con Enrico Falqui che lo introdusse, negli anni 1927-1929, nell’ambiente letterario. Grazie a queste due influenti amicizie ebbe agio di collaborare con diversi periodici.
Nel dibattito letterario che vide contrapporsi rondisti e antirondisti, Vittorini individua nella Ronda l’elemento fondamentale per la ripresa qualitativa della prosa italiana dopo l’avventura futurista. Cogo si sofferma ampiamente su quello che a buon diritto può definirsi il vero esordio letterario di Vittorini su scala nazionale: Scarico di coscienza (1929):
A partire da Scarico di coscienza, la concezione della letteratura come valore assoluto rimarrà una costante di Vittorini pur nelle sue evoluzioni/involuzioni ideologiche, culturali e stilistiche, anche durante le fasi successive di impegno politico indiretto e militante, nonché nella veste di redattore/direttore di collane editoriali e di riviste. Sarà proprio la sua concezione totalizzante dei compiti della letteratura – impegnata per definizione, e quindi più politica della politica stessa – che lo porterà allo scontro con Togliatti e con i principali intellettuali comunisti del dopoguerra
Il secondo capitolo si incentra sull’attività di Vittorini negli anni Trenta. Nel 1929 la direzione di “Solaria” passa infatti da Carocci a Ferrata coadiuvato da Vittorini che fu anche segretario di produzione. Negli anni 1929-1933 collabora a “L’Italia letteraria”. Dal 1931 al 1937 svolge attività di pubblicista soprattutto per “Il Bargello”: «Vittorini esprime l’esigenza di un’arte alternativa ad ogni forma di realismo, in grado di stabilire nuovi rapporti con la rappresentazione convenzionale della realtà». Nei suoi interventi si evince il progressivo affrancamento da posizioni letterarie comuni sia al fascismo ufficiale che a quello di sinistra. Allontanamento che culminerà nel 1936 con posizioni sempre più apertamente antifasciste e che costringeranno il direttore de “Il Bargello” a continui tagli e manomissioni.
Il terzo capitolo si incentra soprattutto sull’attività di Vittorini traduttore e sui rapporti di collaborazione con Mondadori iniziati già a partire dal 1933. Vittorini per Mondadori lavorerà sia come traduttore che come consulente per romanzi stranieri. Il rapporto con la prestigiosa casa editrice si concluderà bruscamente nel 1940 sia per la mancata pubblicazione di Conversazione in Sicilia, sia per il crescente coinvolgimento editoriale dell’autore con Bompiani. La collaborazione con Mondadori sarà ripresa da Vittorini solo nel dopoguerra.
L’ultimo capitolo è incentrato sui rapporti tra Vittorini e Bompiani. Cogo si sofferma sull’interesse sempre crescente di Vittorini per la letteratura americana dell’otto-novecento, di cui diventerà uno dei maggiori divulgatori nel quinquennio 1938-1942.
Cogo traccia inoltre un profilo delle collane fondate da Vittorini in questi anni: Pantheon, Corona, la Zattera.
Il crescente impegno antifascista, provocherà nel novembre 1943 l’abbandono dei rapporti con Bompiani. Vittorini decide infatti di collaborare con Einaudi al fine di operare in un ambito propriamente politico e non solo di politica culturale. Solo nel dopoguerra lo scrittore ritornerà a collaborare con Bompiani.
Cogo pertanto erge Vittorini ad emblema della trasformazione in atto della figura del letterato tradizionale che cede il passo a quella del letterato-editore (consulente editoriale, direttore di collane).
(Stefania Centorbi)
Ferruccio Minacciolo –
Recensione di Stefania Centorbi, “Sinestesie”,
FLAVIO COGO, Elio Vittorini editore 1926-1943, Archetipo libri, Bologna 2012
Il volume di Flavio Cogo mette a fuoco con notevole ricchezza di particolari la figura di Vittorini nelle sue molteplici attività di editore, pubblicista, traduttore e critico letterario. Il profilo di Vittorini che emerge dall’indagine condotta è emblematico per l’evoluzione della figura del letterato e in particolare del letterato editore tra gli anni Trenta e Quaranta. Il letterato e l’intellettuale, sottolinea infatti Cogo, «non s’accontentano più del ruolo subordinato alla produzione culturale, non vogliono più mediare la realtà, vogliono crearla con la propria azione».Il volume si divide in quattro capitoli che scandiscono l’evolversi dell’attività dello scrittore fin dalle prime esperienze giovanili. Difatti, il primo capitolo si sofferma sui primi passi mossi dal giovane scrittore in ambito editoriale e nell’habitus del critico letterario. Come molti giovani intellettuali, Vittorini cedette alle seduzioni del fascismo “puro” e “rivoluzionario” di Malaparte, nonché del movimento di Strapaese. Grazie a Malaparte non solo l’autore intraprese la carriera di pubblicista, ma strinse anche amicizia con Enrico Falqui che lo introdusse, negli anni 1927-1929, nell’ambiente letterario. Grazie a queste due influenti amicizie ebbe agio di collaborare con diversi periodici. Nel dibattito letterario che vide contrapporsi rondisti e antirondisti, Vittorini individua nella Ronda l’elemento fondamentale per la ripresa qualitativa della prosa italiana dopo l’avventura futurista. Cogo si sofferma ampiamente su quello che a buon diritto può definirsi il vero esordio letterario di Vittorini su scala nazionale: Scarico di coscienza (1929): A partire da Scarico di coscienza, la concezione della letteratura come valore assoluto rimarrà una costante di Vittorini pur nelle sue evoluzioni/involuzioni ideologiche, culturali e stilistiche, anche durante le fasi successive di impegno politico indiretto e militante, nonché nella veste di redattore/direttore di collane editoriali e di riviste. Sarà proprio la sua concezione totalizzante dei compiti della letteratura –impegnata per definizione, e quindi più politica della politica stessa – che lo porterà allo scontro con Togliatti e con i principali intellettuali comunisti del dopoguerra. Il secondo capitolo si incentra sull’attività di Vittorini negli anni Trenta. Nel 1929 la direzione di “Solaria” passa infatti da Carocci a Ferrata coadiuvato da Vittorini che fu anche segretario di produzione. Negli anni 1929-1933 collabora a “L’Italia letteraria”. Dal 1931 al 1937 svolge attività di pubblicista soprattutto per “Il Bargello”: «Vittorini esprime l’esigenza di un’arte alternativa ad ogni forma di realismo, in grado di stabilire nuovi rapporti con la rappresentazione convenzionale della realtà». Nei suoi interventi si evince il progressivo affrancamento da posizioni letterarie comuni sia al fascismo ufficiale che a quello di sinistra. Allontanamento che culminerà nel 1936 con posizioni sempre più apertamente antifasciste e che costringeranno il direttore de “Il Bargello” a continui tagli e manomissioni. Il terzo capitolo si incentra soprattutto sull’attività di Vittorini traduttore e sui rapporti di collaborazione con Mondadori iniziati già a partire dal 1933. Vittorini per Mondadori lavorerà sia come traduttore che come consulente per romanzi stranieri. Il rapporto con la prestigiosa casa editrice si concluderà bruscamente nel 1940 sia per la mancata pubblicazione di Conversazione in Sicilia, sia per il crescente coinvolgimento editoriale dell’autore con Bompiani. La collaborazione con Mondadori sarà ripresa da Vittorini solo nel dopoguerra. L’ultimo capitolo è incentrato sui rapporti tra Vittorini e Bompiani. Cogo si sofferma sull’interesse sempre crescente di Vittorini per la letteratura americana dell’otto-novecento, di cui diventerà uno dei maggiori divulgatori nel quinquennio 1938-1942. Cogo traccia inoltre un profilo delle collane fondate da Vittorini in questi anni: Pantheon, Corona, la Zattera. Il crescente impegno antifascista, provocherà nel novembre 1943 l’abbandono dei rapporti con Bompiani. Vittorini decide infatti di collaborare con Einaudi al fine di operare in un ambito propriamente politico e non solo di politica culturale. Solo nel dopoguerra lo scrittore ritornerà a collaborare con Bompiani. Cogo pertanto erge Vittorini ad emblema della trasformazione in atto della figura del letterato tradizionale che cede il passo a quella del letterato-editore (consulente editoriale, direttore di collane).(Stefania Centorbi)
Ferruccio Minacciolo –
OBLIO IV, 14-15 149
Virna Brigatti
Flavio Cogo
Elio Vittorini editore 1926-1943
Bologna
ArchetipoLibri
2012
ISBN: 978-88-6633-114-8
Accostandosi al volume di Flavio Cogo, si nota immediatamente come ben più di cento delle sue totali 412 pagine siano dedicate alla bibliografia di Elio Vittorini e alla bibliografia su Elio Vittorini (rispettivamente pp. 285-337 e pp. 339-411): nel primo caso vengono unificati in un unico elenco, diviso per anni, i dati bibliografici del secondo volume del Meridiano dedicato alle opere narrative dell’autore (Elio Vittorini, Opere narrative, a cura di Maria Corti, note al testo di Raffaella Rodondi, Milano, Mondadori, 1974 e ristampe, 2 voll.) con quelli dei due volumi Einaudi che raccolgono i suoi articoli e interventi dal 1926 al 1965 (Elio Vittorini, Letteratura arte e società, a cura di Raffaella Rodondi, Torino, Einaudi, vol. 1 1926-1937, 1997; vol. 2, 1938-1965, 2008); nel secondo caso invece la bibliografia della critica integra e aggiorna fino al 2009 quella del secondo volume dei Meridiani Mondadori. Tale ricca e dettagliata disamina bibliografica è un’utile punto di riferimento per orientarsi sia nella vasta e differenziata produzione di Vittorini, sia – e forse soprattutto – nell’ingente quantità di discorsi che nel tempo la sua opera e la sua attività di intellettuale e di promotore di cultura ha generato nei suoi osservatori coevi e posteri. La mappatura proposta da Cogo permette di valutare, anche solo scorrendo titoli e nomi, come si sia evoluta l’attenzione nei confronti di Vittorini, quali diano state le costanti, quali le differenze, quali i momenti di maggiore insistenza su un aspetto o su un altro. Anche, infine, il progressivo consolidarsi di uno sguardo meno militante e sempre più riflessivo, ma non per questo unicamente accademico.
L’avere fornito una tale quantità di materiale bibliografico fa emergere con evidenza il meticoloso lavoro di Cogo, lavoro che testimonia come lo studioso si sia «misurato con le linee interpretative più accreditate» e «con i recenti contributi» – si citano le parole della presentazione di Ricciarda Ricorda (pp. IX-XI, p. IX) – e come abbia svolto «una paziente ricerca «sul campo» condotta per decenni […] in biblioteche e archivi», giungendo a «rettificare imprecisioni» e a «scoprire titoli fino ad ora assenti nella pur ricca riflessione critica sullo scrittore siciliano» (p. XI). Continua Ricorda: «non si tratta per altro solo di una pur lodevole acquisizione di ulteriori voci bibliografiche, poiché Cogo procede anche a un attento vaglio delle fonti reperite, che gli consente un’accurata indagine su testi e dibattiti spesso ancora trascurati se non, in qualche caso, sostanzialmente ignorati» (ivi).
L’impostazione argomentativa del volume, però, non sempre permette di distinguere i contributi originali dello studioso da quelli che sono i dati precedentemente acquisiti dalla critica, così che non è portato in primo piano il confronto con l’ingente mole di materiali bibliografici e archivistici introdotta. Per esempio sarebbe stato più utile, a questo fine, precisare gli archivi controllati, i faldoni e le cartelle consultate, mentre il rimando citazionale è sempre a documenti già editi. Inoltre, anche il grande lavoro di spoglio o di recupero di volumi o riviste a stampa di difficile reperibilità avrebbe potuto essere valorizzato maggiormente. Infine, nella stessa direzione, si potrebbe sottolineare come avrebbe potuto essere meglio approfondito, sia dal punto di vista metodologico sia da quello interpretativo, il confronto con lo studio critico di Gian Carlo Ferretti, L’editore Vittorini (Torino, Einaudi, 1992), sulla cui linea di ricerca si pone il volume di Cogo; ma lo stesso si potrebbe affermare in riferimento alle posizioni critiche sull’opera e sull’attività culturale o editoriale di Vittorini che nel tempo si sono consolidate tra gli studiosi: da Anna Panicali, Raffaella Rodondi, Edoardo Esposito a Giuseppe Lupo.
Il contributo originale dell’autore non viene, quindi, posto pienamente in risalto, penalizzando intuizioni critiche di sicuro interesse e meritevoli di approfondimento, che si affiancano all’attenta ricostruzione, condotta da Cogo, delle tappe del percorso intellettuale di Vittorini, dagli esordi giovanili alla conclusione del rapporto professionale con Bompiani, scandito con grande attenzione ai particolari e alle pieghe anche minori che presero alcune vicende. La puntuale ricostruzione storica fornisce spunti interessanti anche per l’interpretazione critica dell’opera letteraria vittoriniana, come – ad esempio – il frequente ricorso all’espressione «ideologia letteraria» (pp. 23, 33, 34, 75, 218, 264, 272, 272, 282), in cui compare un sostantivo efficace per mostrare una precisa e frequente caratteristica delle operazioni culturali di Vittorini. Si tratta purtroppo però di spunti che non sono sviluppati. Tra questi si può citare, infine, anche il confronto fra i testi originali degli autori americani, le loro traduzioni proposte da Vittorini e quelle di altri traduttori a lui coevi e le recensioni che queste pubblicazioni hanno avuto all’epoca della loro uscita (cfr. pp. 174-202); oppure la ripresa della vicenda dei tagli e delle revisioni cui fu sottoposto il volume di Michele Amari, I Musulmani in Sicilia, per la collana Corona di Bompiani (pp. 261-276), in relazione alla quale Cogo introduce la storia editoriale del volume, segnalando come «Vittorini scelga la prima edizione (non a caso l’editio princeps, voluta e fatta stampare in vita dall’autore) dove si coglie, attraverso un linguaggio genuinamente ottocentesco, a volte grezzo e ricco di arcaismi, spesso di ostica lettura (testimonianza di un italiano parlato – e non scritto!) l’attenzione costante ai tempi del racconto» (pp. 267-268). Suggerimenti quindi che hanno comunque il merito di sollecitare ulteriori riflessioni.