Descrizione
Il primo dato di cui ci si avvede alla lettura dei romanzi di Hanry Mackenzie – tre in tutto e tutti pubblicati nel terz’ultimo decennio del ‘700 – è la loro qualità “imitativa”: The Man of Feeling (1771) deve molto al Tristram Shandy e al Sentimental Journey di Laurence Sterne; The Man of the World (1773) ai primi due romanzi di Samuel Richardson; Julia de Roubigné (1777) a Julie ou la Nouvelle Heloise di Jean-Jaques Rousseau. Contrariamente a quanto si potrebbe dapprima supporre, tuttavia, non è aggirando questo spazio imitativo, ma è invece, attraversandolo, che si raggiunge la specificità di questi romanzi, la quale si rivela infatti, e con nettezza, là dove è più evidente il ricalco, e più percepibile è di conseguenza la differenza con l’opera dei maestri. È qui, infatti, in questa differenza di carattere soprattutto qualitativo e “di livello”, che la narrativa sentimentale di Mackenzie si mostra più che mai destinata all’appagamento fantastico di un ideale illusorio di altruistica perfezione dell’io: per il lettore non meno che per l’autore, il cui sentimentalismo si lascia perciò conoscere come l’elaborato di una società che vuole rimanere uguale a se stessa: a dispetto dei moti compassionevoli e delle lacrime versate per i derelitti, gli sciagurati, gli oppressi; anzi, giacché con queste lacrime pietose si cerca di eludere la verità e di nutrire l’illusione, si rende necessario dire: proprio per mezzo loro.
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