Descrizione
Prende corpo a poco a poco in questa giovanile tesi di laurea del Pascoli un’idea germinale (non esplicitata del tutto, forse solo intravista) della poesia: che è si nella storia – come Alceo è nella storia della Lesbo del suo tempo – ma è insieme e soprattutto, al di là della storia: che rompe il continuum della realtà verso i due punti di fuga – per eccellenza atemporali, per antonomasia arazionali – del mito e della musica.
Ecco perché Orfeo-Pascoli è la cifra dell’Alceo: è la cifra della poesia come fessura che dal continuum della realtà si affaccia verso il “radicalmente nuovo”. In Pascoli non c’è, non ci sarà mai Dionisio: ma vibra la cetra misteriosa di Orfeo: e già s’indovina il canto malinconico di Verlaine.
Basterebbe solo questa prosa giovanile – troppo spesso sciatta e incolore, ma a tratti miracolosamente poetica e quant’altra mai musicale – a farci avvertire che il Pascoli annaspa, dietro a un muro d’ombra, alla ricerca d’un raggio di luce nuova.
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