La comunicazione storica tra digital humanities e business intelligence
È disponibile il bando per partecipare al concorso di ammissione, solo per titoli, al master in Comunicazione Storica dell’Università di Bologna (disclaimer: in quel master insegno editoria digitale, ma prometto di parlarne con il dovuto distacco).
L’interesse diffuso per la comunicazione ha portato a un considerevole aumento dei corsi dedicati all’editoria e alle digital humanities. Le conoscenze umanistiche sono considerate importanti nella formazione ingegneristica, sono in grado di dare quella visione di sintesi che l’iperspecializzazione tende a limitare. D’altro canto gli esperti in humanities si trovano con il problema opposto, le capacità di sintesi, senza conoscenze settoriale possono rimanere “vuote”, ed essere di scarsa vendibilità nel mercato del lavoro. La “competenze comunicative” sembra che risolvano questo problema. Sono conoscenze concrete, con un substrato tecnico, e sono quindi vendibili (sono un “lavoro vero”). Il master in comunciazione storica resta in questo solco. Si rivolge a laureati magistrali di buon livello e si sforza di delineare, almeno nelle linee generali, le principali competenze tecniche della comunicazione: come creare un oggetto multimediale, un prodotto digitale, sviluppare infografiche, ma allo stesso tempo migliorare le capacità di “story telling”. La storia, come disciplina, ben si presta a questa attività ma è più che altro una scusa per avere facilmente qualcosa su cui organizzare il proprio racconto multimediale. Gli studiosi di letteratura hanno le stesse capacità, obiettivi e aspettative. Quello che trovo sorprendente è l’inesplicabile assenza di studenti con competenze informatiche, statistiche e giuridiche. Gli studiosi di informatica, materia puridisciplinare per eccellenza, seconda forse solo alla statistica, trovano in questo corso tutti gli stimoli e le conoscenze necessarie a farne sofisticati operatori della comunicazione. La business intelligence senza più misteri.